2

La MIA Maratona di NY

Pubblicato il 10.11.11

Time To Shine. Riprendendo il titolo di una canzone dei Queen, così apriva lunedì mattina l’inserto del New York Times con i tempi dei 35.399 runners che hanno chiuso la NYC Marathon sotto le cinque ore. Una corsa davvero speciale, dove è impossibile non “brillare” perché la spinta che si riceve dalle centinaia di migliaia di persone assiepate ai margini delle Street e delle Avenue percorse che incitano a gran voce per tutte le 26.2 imagemiglia del tracciato (anche se il primo Keniota è già passato da due o tre ore) danno un’energia che nessun integratore sarà mai in grado di fornire.
E che importa se la sveglia è suonata alle 4.30 del mattino perché entro le 7.00 è indispensabile trovarsi alla partenza su Staten Island; chissenefrega se prima di poter incanalarsi sul Ponte di Verrazzano si deve aspettare quasi tre ore nello Start Village. L’entusiasmo è contagioso, distretto dopo distretto. Si passa prima da Brooklyn, poi dal Queens; le prime 15 miglia sono prive di particolari difficoltà e si può godere dello spettacolo che circonda l’interminabile fiumana variopinta di corridori che provengono da tutto il mondo. Superato il Queensboro Bridge sull’East River si raggiunge l’isola di Manhattan. E’ un boato da stadio quando ci si immette nella First Avenueimage, un rettilineo di poco più di tre miglia per oltre centoventicinque blocchi di edifici prevalentemente residenziali e otto carreggiate tutte destinate ai runners; l’incitamento è tale che la costante leggera salita neppure si percepisce nelle gambe. Si raggiunge quindi un altro ponte; è il Willis Bridge sul fiume Harlem che immette nel Bronx. Qui cambia la musica; all’ingresso del distretto più “temuto” della Grande Mela – nomea peraltro ingiustificata in quanto in questa parte della città si trovano alcuni fra i quartieri più borghesi di New York – è un gruppo rap a dettare il ritmo dei passi dei corridori. Si tratta però di un veloce passaggio perché – dopo meno di due miglia – si ritorna sull’isola di Manhattan attraverso il Madison Bridge che immette sulla Fifth Avenue. La fatica comincia a farsi sentire ma ormai è quasi fatta; poco prima del miglio image23 si comincia a costeggiare il parco e anche se la strada inaspettatamente sale è l’ora di stringere i denti. Finalmente si entra in Central Park; i colori autunnali degli alberi, la skyline di New York, gli applausi e gli incitamenti della folla fanno salire l’adrenalina e dimenticare così il peso delle miglia accumulate nelle gambe. Un brevissimo tratto sulla 59th Street che costeggia gli ingressi di alcuni fra i più esclusivi alberghi della città e, giunti a Columbus Circle, di nuovo si rientra nel parco al suono di una rock band. L’ultimo tratto di salita si incontra quando mancano 400 yards alla fine ma non è più un problema perché alzando gli occhi si vede ormai l’arco arancio/blu del traguardo. Non resta che lo sprint finale, sorriso sul volto e braccia alzate per la foto ricordo. Del resto, come canterebbe Freddy Mercury, “raise up your mind, it’s time to shine”.

Stefano Modesti

2 commenti
  1. pilo 10 novembre 2011 alle ore 16:09  

    A che bei ricordi mi hai fatto tornar alla mente.
    Leggendo il tuo bel racconto rivivevo tutte le emozioni della "mia" NYCM 2008 corsa da solo ma in compagnia di altri 34.000 podisti (oltre a noi 7-8 valbossini)

    il pilo

  2. president 10 novembre 2011 alle ore 20:59  

    E' meraviglioso poter apprendere che uno stuolo di valbossini è volato in quel di New York per provare un'esperienza unica, la maratona più famosa del mondo, quella della Grande Mela. Complimenti, complimenti!!!!!