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COSI’ NACQUE IL MIGLIO

Pubblicato il 25.5.10

By De Mieri

image L'atletica leggera moderna è nata da una scommessa. Nulla è più serio di una scommessa per un gentleman inglese che si rispetti e c'erano molti gentlemen e molte ladies al tavolo da gioco di sir Jonathan Montague, quella sera dei primi di luglio del 1665. Sir Archibald Glover, perduta l'ultima ghinea che aveva nella borsa, chiese che gli fosse concessa una rivincita e lo fece con parole talmente bizzarre che lì per lì non furono neppure comprese. Disse, a quanto riferiscono le cronache dell'epoca: " volete scommettere, su di me o contro di me, che correrò  il miglio in meno di cinque minuti ?"
Nessuno aveva un' idea abbastanza approssimativa di quanto fosse lungo un miglio, e nemmeno di quanto durassero cinque minuti. Se il primo problema era risolvibile, ricorrendo ai geometri reali di casa Stuart, il secondo restava un rompicapo, poiché anche i più progrediti orologi meccanici misuravano a malapena, con esattezza, i quarti d'ora. Glover, stupendo di nuovo gli astanti, estrasse allora dal giustacuore un marchingegno stranissimo, opera dell'orafo ginevrino Hans Diettmer. Era un cronometro, il primo cronometro della storia e la sua precisione arrivava addirittura al mezzo secondo. Sebbene sbalorditi da quel prodigio di tecnica, gli ospiti di Montague furono concordi nel giudicare cinque nimuti troppo brevi per consentire al più veloce degli uomini di correre un miglio. Glover aveva ricordato loro che un miglio corrispondeva a 1760 yards; in termini moderni a m.1609,34 e scommisero in massa contro lo sfidante, sempre che la corsa si fosse fatta. Avvicinatosi il fatidico mattino del 26 agosto del 1665, si verifico un fatto nuovo. Altri rampolli dell'aristocrazia albionica si fecero avanti, chiedendo di battersi contro Glover. I loro campioni considerati piè veloci, erano Sir Charles Fillmore di Oxford, Sir Andrew Wiggs di  Portsmouth e sir Illington-Stone di Cardiff. Ma nessuno puntò un  quarto penny su di loro. Il segnale di partenza è dato da un colpo di colubrina, che risuona cupo, d'eco, fino  a Westminster. Scattano i tre avversari di Glover e tutti e tre scattano troppo, ignari di quanto è lungo un miglio e vestiti troppo pesantemente. Glover che indossava leggeri calzoni di seta fermati appena sotto  il ginocchio, camiciola aperta, lievi pantofole piatte, sembra prendersela comoda. Corre sul passo, Glover, sull'andatura non sullo sprint. Glover sa quello che fa , è il solo a saperlo. Il suo passo è tranquillo, scioltissimo, disteso. la folla urla e lo osanna. Re Carlo Secondo balza in piedi  quando lo vede  comparire al di qua di una siepe, sforbiciata artisticamente, alla maniera fiorentina. Un improvviso trio di liutai  esegue le note del musicista italo francese Lulli, che si perdono però nel frastuono corale dei londinesi in delirio. Solo e maestoso, Sir Archibald Glover irrompe sulla linea del traguardo. E' roseo, fresco, non provato dallo stress della corsa nè da quello, ben più grave, di dover vincere a tutti i costi per sopravvivere.  Ha vinto Glover. Il suo tempo  sia pure lontanissimo da quello consentito in allenamento , è stato 4'58".